venerdì 28 febbraio 2014

Quella sera che ti prendi perchè te la meriti proprio

Esco da lavoro alle 17.00.
C'è un po' di traffico (nell'anima) in tangenziale ma sono di ottimo umore per via della serata che ho davanti. All'altezza del Sito Interporto mi telefona lo Strizza e parliamo delle solite cose, del suo nuovo lavoro a Milano, delle figlie di uno e dell'altro, del sidecar che ci compreremo quando uno dei due farà i soldi (il nostro progetto di quando eravamo bambini) e gli dico della serata col TassoRosso e gli chiedo se vuole unirsi. Lo Strizza passa. Rimaniamo per beccarci soli io e lui, un'altra sera.

A cena mi tengo leggero e prima che esca di casa moglie e figlia mi baciano. Mia moglie si raccomanda: "Divertiti".
Ne ho proprio bisogno. Sono molto stanco ed ho proprio voglia di "allontanarmi", allontanarmi mentalmente e fisicamente dal gran casino di tutti i giorni, mettere qualche chilometro e qualche ora fra oggi e domani. Devo spegnere un po' il cervello, lasciar raffreddare la cpu prima che fonda.
Si tratta solo di manutenzione hardware.
Alle 21.30 sono in strada e poco dopo davanti al birrificio San Paolo. Trovo parcheggio proprio di fronte e interpreto la botta di culo come ennesimo segnale di buon auspicio. Tre minuti dopo, neanche il tempo di avvertirlo su whatsapp con "Io son qui davanti" ecco TassoRosso.
I tavoli sono tutti pieni, tranne un ultimo tavolino in fondo, ad angolo, appartato, perfetto. Il padrone di casa viene a illustrarci le sue birre. Prendiamo il sample, che sarebbe un assaggio \ degustazione di quattro birre (al costo molto interessante di 8 euro). Io prendo: Ipè - Buxus - Wengè - Juniperus Apa Ginepro tutte del San Paolo.
L'Ipè molto concreta, buona, diretta e senza fronzoli. La Buxus e la Juniperus al ginepro sembrano condividere un certo "core", quasi variazioni sul tema, ma mi piacciono entrambe.
Sulla Wengè, la porter, mi segno mentalmene di tornare e prendermene un bicchiere per dedicarle più attenzione: va studiata. Insomma: un successo. Mi sembrano tutte ottime e a fine serata me ne porterò via 3 bottiglie.
Con le birre ordiniamo anche un vassoio di patate al forno. Chiedo al proprietario se possiamo giocare al tavolo. Mi risponde "Giocate sereni".

Targi è il mio gioco da due preferito. Pubblicato da Giochi Uniti un annetto fa, ha tutta una serie di cose che fanno breccia nel petto villoso del sottoscritto:
- è un gioco di piazzamento dei lavoratori e raccolta risorse (proprio il mio genere)
- è un gioco portatile (tolto dalla scatola, che comunque entra nella mia tracolla, potrebbe tranquillamente stare in due portacarte di Magic, uno per le carte e uno per i token)
- prezzo popolare (20 euro... comunque se vuoi spendere meno c'è sempre la morra cinese)
- combo fra le carte
- durata perfetta (un'ora circa)

Targi in quattro parole (ci provo).
Si posizionano le carte in una griglia 5 x 5 che funge di fatto da tabellone di gioco. La cornice è composta da 16 carte fisse, che vanno posizionate in un ordine prestabilito. Al centro 9 carte casuali: 5 carte merce e 4 carte tribù (con refill man mano che le prendi). I giocatori hanno a disposizione 3 tuareg a testa, da posizionare sulle carte cornice secondo poche e semplici regole (del tipo: non puoi posizionare un tuareg in linea con un tuareg avversario nè sulle carte ad angolo). A questo piazzamento se ne aggiunge un secondo, mettendo un segnalino del proprio colore dove righe e colonne dei tuareg piazzati si intersecherebbero al centro. Finito il piazzamento si raccolgono le risorse. I turni sono scanditi dal predone, un losco individuo che galoppa attorno al campo da gioco sottoponendo i poveri beduini a periodici furti di merce e atti di bullismo. Scopo del gioco: avere più punti (croci) a fine partita. I punti si fanno raccogliendo risorse (pepe, datteri, sale, monete) e acquistado carte tribù, che vanno poi posizionate su griglie punti giocatore 4 x 3.  Le carte tribù conferiscono punti diretti e punti per effetti (del tipo: prendi +1 punto per ogni due carte oasi posizionate, oppure: quattro carte uguali sulla stessa fila -> +4 punti).

L'ultima volta che ci eravamo scontrati su Targi avevo avuto la meglio su TassoRosso di 1 solo punto. Per la serata in corso mi sento pronto al cappotto selvaggio.

La partita è durata un'ora e dieci minuti, degustazione birre e vassoio di patate compresi.
E' finita 29 a 26 per me.

Dettagli sulla partita.
La partita si è chiusa un turno prima della fine, quando ho completato la terza fila.
Dei 29 punti capitalizzati, 15 li ho fatti con le croci riportate sulle carte e 14 di "effetti". Calcolando 15 punti con 12 carte piazzate, siamo una media di 1,2 croci a carta (parlo sempre di punti secchi, esclusi i bonus). Ho puntato diretto alle combo e qualcuna ha girato, anche se mi aspettavo un distacco maggiore. TassoRosso ha totalizzato 26 punti piazzando 10 carte vanilla, senza incastrare nè effetti nè bonus. Una media di 2,6 croci a carta (che mi sembra tantissimo visti i miei sforzi nello scegliere solo certe carte tribù e rinunciare ad alcune per completare due filotti "Quattro carte uguali").
Lo ammetto: mi ha un po' disorientato questo distacco appena rosicchiato. Forse la strada vincente è proprio un ibrido fra le due strategie: filtra solo i migliori effetti e compra di ignoranza le vanilla più ciccione. Da lavorarci. Ancora una volta l'argentiere è rimasto a far da tappezzeria mentre gli altri ballavano i lenti e limonavano duro. Mi impongo di tentare di sfruttarlo al prossimo giro.

A fine serata, ritirato Targi, sdrammatizzato con un giro di Love Letter e indossate le rispettive giacche, siamo andati al bancone a flirtare col mastro birraio e a parlar di luppoli, birra di castagne, Baladin e Troll. Siamo venuti via con 4 bottiglie di artigianale della San Paolo (3 io e 1 TassoRosso).

Bella serata davvero.
Non avrei cambiato niente. Neanche il fango e neanche la pioggia di questo febbraio fradicio.
Ogni tanto ci va proprio.

martedì 25 febbraio 2014

Lasciami rovinare responsabilmente (almeno il primo dell'anno)

La mattina del 1° gennaio 2014, come quasi tutti i primi dell'anno da che eravamo fidanzati, io, Francy e la piccola siamo andati a far colazione al bar. Ammetto che mi piace parecchio svegliarmi di buon mattino e trovare la città ancora mezza addormentata, congelata nella brina di gennaio e nei suoi suoni ovattati, le strade deserte e i marciapiedi crivellati dai segni dei festeggiamenti e dei bagordi della sera prima. Mi piace essere uno dei pochi già sveglio alle 7.00 del mattino, con quell'astratta sensazione che la città sia tutta per me.
Quest'anno abbiamo fatto colazione in un bar vicino casa, uno di quelli aperti 24h/24h a gestione familiare che ti chiedi sempre che vita facciano marito e moglie, sempre a darsi il cambio dietro il bancone, senza incontrarsi mai.
Mentre prendevo il caffè e dal plasma fissato alla parete ascoltavo il consueto bollettino di guerra dei botti e la top ten delle ferite più gravi (notizia incastrata con scioltezza fra il countdown di migliaia di persone in piazza a New York e il servizio sulla prima nata del nuovo anno: 3kg e tre, alle 00.24), ho notato un discreto via vai nell'adiacente stanza delle macchinette del videopoker. Il turn over fra un giocatore e l'altro alle macchinette era piuttosto civile e ordinato, nessuno che saltasse la fila o protestasse. Sembravano vecchietti in coda alla posta per ritirare la pensione (ma al contrario).
In realtà quello dei giocatori di videopoker appollaiati per ore sui loro sgabelli è diventato un film a cui ci siamo abituati, come Una poltrona per due nei giorni sotto Natale. Ma mi ha lasciato ugualmente una spiacevole sensazione pensare alle loro vite, se il loro primo pensiero nel primo giorno del nuovo anno era alzarsi presto la mattina per andare infilare banconote da 10 euro nella slot.
Sulla porta della saletta il solito cartello: GIOCA RESPONSABILMENTE.

Lo scorso anno ho offerto un letto per il weekend a France, il mio amico svizzero. Moglie e figlia fiutata l’aria greve di uomini disposti a trascurare la propria igiene personale per una maratona board games, hanno detto “No, grazie” e passato il weekend dai nonni, lasciandoci casa per sessioni ininterrotte di Caylus, Le Havre Ancora in porto, L’Isola Proibita, e Twilight Imperium con tutte le ennemila espansioni. Mi ritaglio due righe per ringraziare ancora una volta mia moglie, la miglior moglie del mondo, che mi ama nonostante.
La domenica mattina, mentre gironzolavamo in macchina in cerca di un bar per riprenderci dalla nottata spesa a far avanzar segnalini sul tabellone, France mi ha fatto notare il paradosso di un cartello stradale.
SEVERAMENTE VIETATO L’INGRESSO AGLI ESTRANEI.
Ma cosa vuol dire SEVERAMENTE ? VIETATO è già un assoluto. E’ come dire: MORTO. Non è che puoi essere UN PO’ MORTO o MOLTO MORTO. O sei vivo o sei morto. Sono due condizioni. E un divieto non dovrebbe aver bisogno di un rafforzativo: una cosa o lo puoi fare o non lo puoi fare, lì dentro o ci puoi entrare o non ci puoi entrare, non è che: ci puoi entrare poco o non ci puoi entrare tanto

Anche GIOCA RESPONSABILMENTE ha qualcosa di semanticamente sbagliato.
RESPONSABILMENTE è qualcosa che puoi associare a una motosega ("Usa questo attrezzo responsabilmente" ossia: non accendere la motosega in casa mentre i tuoi figli si rincorrono attorno al tavolo) alla bottiglia di Diavolina infiammabile con la quale accendi il barbecue, al veleno per topi (magari non lasciare il barattolo proprio in dispensa vicino ai cereali). Ma non dovrebbe stare accanto alla parola GIOCO.
Forse sono i videopoker che dovrebbero chiamarsi in un altro modo.
State sereni: non mi interessa fare retorica o lanciarmi in paternalismi da quattro soldi (non sono proprio il tipo), diciamo che caratterialmente se mi vendono aria fritta non ce la faccio proprio a dire che è buona e chiederne ancora.
Chiamare le cose col loro nome è importante perchè tutto quello che abbiamo attorno ha un nome proprio e noi tendiamo ad associare dei significati positivi e negativi e un certo livello di pericolo, alle parole.
Se chiamo un fungo GOLOSELLO tu immagini che sia commestibile (e probabilmente molto buono), e se ti dico che il mio cane si chiama CAMILLO probabilmente allungherai una mano ad accarezzarlo anche se non lo conosci perchè non riesci proprio a immaginartelo cattivo un cane di nome Camillo, non te lo vedi che ti stacca un dito.
Associare la parola GIOCO ai videopoker, trattare quelle macchinette come "giochi", al pari dei LEGO, del Pongo, dei Coloni di Catan e delle tavolate a Lupus in Fabula, è manipolare un significato. Volutamente.
L'obiettivo è quello di abbassare il livello di pericolosità, o almeno: la sua percezione. E' per questo che al casinò girano le fiches al posto delle banconote: il messaggio che arriva al cervello non è: "Stai puntando 50 euro sul 6 rosso" ma "Stai puntando un bel gettone colorato sul 6 rosso".
Ho letto diversi articoli relativamente alla necessità di aggiungere il suffisso "d'azzardo" a ciò che si fa alle macchinette del videopoker (vi rimando a un articolo piuttosto esaustivo su Balena Ludens).
Potrebbe essere un buon inizio.

Stranamente il processo di stravolgimento del bene e del male non è bidirezionale: se provi a innalzare il livello di pericolosità dei giochi da tavolo, attingendo direttamente dai disclaimer sui siti del videopoker con un copia incolla, l'equazione non funziona.

Per promuovere il gioco da tavolo responsabile, l'associazione Puzzillo Selvaggio si impegna a

  • ogni giocatore deve aver compiuto almeno 18 anni. Niente ragazzini del cazzo. Se non hanno lo stipendio, a che ci serve spremerli?
  • Formare i dipendenti dei centri giochi educativi sui diversi metodi o programmi per le procedure del gioco responsabile con scappellamento a destra
  • Fornire ai dipendenti informazioni sulle risorse per assistere i giocatori in caso di problemi legati al gioco (non so: manca il puzzillo giallo, qualcuno si è fregato la rana di Fantascatti, qualche piciu ha sciolto il dado da 20 con l'accendino...)
  • Fornire informazioni ai giocatori, in modi diversi, sul gioco responsabile, sulle percentuali di vincita a Caylus \ Burgundy \ Village, e sulle risorse disponibili in caso di problemi legati al gioco (una copia di Monopoly, occhio che manca la candela)
  • Applicare un monitoraggio efficace per prevenire l'accesso ai centri giochi educativi ai minori di anni 18 (lo ripeto: non ce ne facciamo niente della vostra paghetta).
  • Porre in essere tutte le misure necessarie per assicurare un ambiente di gioco sicuro e riservato e proteggere i conti dei giocatori da tavolo da eventuali accessi non autorizzati  
Vi invito quindi a GIOCARE RESPONSABILMENTE.
Raccogliere fichi e noci responsabilmente su Finca.
Esorcizzare fantasmi responsabilmente su Ghost Stories.
Scartare Principesse responsabilmente su Love Letter.
Raccogliere tessere foro responsabilmente su Trajan.
R e s p o n s a b i l m e n t e.
Senza mai dimenticare che sono solo dei giochi.
Almeno: questi lo sono davvero.

sabato 22 febbraio 2014

Il maiale oltre la siepe


Per quanto mi costi ammetterlo, l'amico ed ex vicino di casa Zorba fa la pizza più buona della mia. Senza possibilità di appello nè ricorsi in cassazione. Non solo: la sua pizza è la più buona in assoluto fra quelle preparate in casa, con un distacco dalle altre simile a quello che ci può essere fra me con un ombrello in mano da una parte e la Vezzali con un fioretto dall'altra.

Venerdì sera scorso siamo stati dagli Zorba per il girone di ritorno pizza e per provare le ultime limate sull'impasto delle meraviglie. Lato mio ho portato il minimo sindacale: una birra artigianale (La Patela fa 90 - Birrificio Troll, ultimamente sto provando tutti i succhi della Trolll) , I Tre Piccoli Porcellini e Rock & Balls (due giochi con target molto basso per coinvolgere anche gli eredi).
Per qualche strana alchimia I Tre Piccoli Porcellini girano alla grande con la pizza, sia fatta in casa che da asporto. La componentistica più sul grasso che sul magro (a parte le carte bonus, troppo sottili per reggere a una rovesciata di coca cola) permette di giocarci di traverso anche sul tavolo non del tutto sparecchiato e irto di briciole. Su un campione di X coppie di amici (dove X significa "non ricordo quante, più di 4 e meno di 10") ho registrato un ricorsivo modus operandi fra i giocatori: i maschi \ adulti \ papà puntano alle carte bonus, alla ricerca di una tripla o una griglia magica in grado di centuplicare i punti sul finale (aspetta e spera). Le donne \ mamme \ milf, che sembrano insolitamente attratte da questo giochino (campione a onor del vero fra il neofito e lo sporadico occasionale) traggono divertimento dalla fase di costruzione delle case e dalla ricerca di un certo ordine (sia nel riuscire a completare le case che nell'utilizzo dello stesso materiale).
I bambini più alla ricerca della risata e dello sfottò che della vittoria, sono invece più attratti dalla distruzione delle case altrui, e non è raro vederli rinunciare a tessere da 3 per ritirare i dadi e andare a Lupo.

Due parole stitiche sul gioco.
I giocatori vestono il budello dei tre celebri suini, impegnati nella costruzione delle basculanti casette di paglia, legno e mattoni. L'accesso alle tessere costruzione è affidato a cinque dadi tematici che riproducono sulle facce le tre sezioni delle case (porta \ finestra \ tetto) nei tre materiali possibili. I tre porceddi però nascondono sotto la cotenna un terribile segreto. Sono porceddi mannari. E quando sui dadi escono due lupi, al suino di turno crescono zanne e pelo setoloso. Il lupo non costruisce ma "soffia" su un'apposita girella, e fa cascare pezzi di casa altrui.
A fine partita si contano i punti per case completate (e bonus vari).
Com'era la pizza.
Perfetta. Croccante sotto e morbida sopra, fette "sode" e belle piene che ci avresti ficcato la faccia in mezzo e fatto il motoscafo (spero la metafora sia sufficientemente chiara).
E I Tre Piccoli Porcellini?
Beh, alla fine dagli Zorba non ci abbiamo giocato. Era un po' che non ci vedevamo, ci siamo messi a chiaccherare sul divano e non ci abbiamo giocato.
Finisce anche così, sapete?
^_^

Ci abbiamo giocato a casa di altri amici qualche sera dopo. E i tre porceddi hanno fatto la loro porca figura (il che è piuttosto logico). Funzionano sempre bene con neofiti, coppie con figli e non giocatori assoluti.

Frattaglie finali
La birra non era niente male ma per i miei gusti nulla a che vedere con la Palanfrina, sempre della Troll, che mi è piaciuta un sacco e che presto ricomprerò. Ho già preso anche la Geisha, che dovrebbe essere la punta di diamante delle produzioni Troll, e per la quale ho aspettative altissime.
La pizza era spettacolare. Di quelle che conserveresti nell'azoto liquido per un giorno di magra tipo sembrava che ci passavi e invece hai rifatto la fiancata della macchina, oppure eri sicuro al 1000% di avere un backup della cartella FOTO e adesso stai pregando che RecuvaDataRestore ti recuperi almeno quelle del battesimo. Mi sono fatto dare dallo Zorba la ricetta segreta dell'impasto delle meraviglie. Primo esperimento molto positivo. Non a livello Zorba ma una spanna sopra il livello medio del Dado Critico (che comunque spadella più che discretamente, sia chiaro).
E poi i giochi. Finale o meno delle mie giornate, delle ospitate e delle trasferte, pensiero fisso e ossessione "buona", sono diventati un mio costume, un mio modo di essere, di approcciarmi con gli altri e di essere riconosciuto. Ci tengo. Li tratto bene e mi tratto bene.
Parafrasando Virginia Wolf (e Simone Rugiati): uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, mangiare bene, se non ha giocato bene.

martedì 18 febbraio 2014

Il mattino dopo Love Letter

Il mattino dopo le cose hanno tutto un altro sapore. Mentre la macchina divora chilometri d'asfalto ho tutto il tempo per rimandare a memoria la sera prima, della quale porto ancora i postumi e gli avanzi, come cartoni di pizza sul fornello o una macchia di caffè sulla tovaglia, dove qualcuno ha poggiato il cucchiaino, o una vaschetta di gelato da un chilo mezza vuota nel freezer.

Durante la partita difficilmente riesco a mettere a fuoco. Sono così concentrato sui dettagli da non riuscire a vedere "il tutto". Solo il mattino successivo, ripercorrendo all'indietro la serata e dissezionando mentalmente la partita, riesco a valutare il gioco nella sua interezza e con una discreta dose di lucidità. Valutarlo nel bene e nel male, naturalmente, perchè come ripeteva sempre un mio caro amico "Per quanto triste ammetterlo, non tutte le scopate sono memorabili". E se non lo sono le scopate figurati i board games.

Quando suona la sveglia, tutte le mattine, il mio primo pensiero è sempre lo stesso: "Possibile che il mondo abbia già bisogno di me alle 6.00 del mattino?". Ma a parte qualche minuto di comprensibile rincoglionimento, in quei 60 minuti circa dal momento in cui apro gli occhi all'istante in cui varco la soglia pronto a divorare tangenziale, sono piuttosto attivo. Le mattine diverse aiutano le mie sinapsi. Mia moglie è piùttosto tradizionale, lei ama far colazione da tranquilla, prendersi i suoi tempi, vestirsi con calma, svegliare la bambina sempre alla stessa ora....Io tendo a non seguire il copione. Sono più umorale.
Mi piace far colazione in piedi, mentre mi preparo il pranzo al fornello, uscire di casa mezzora prima per fermarmi in un bar sperduto della prima cintura, o passare dai miei a ritirare la verdura del mercato. Mi piace ascoltarmi la Zanzara in podcast mentre mi faccio la barba, finire di leggere un manga lasciato a metà dalla sera prima (@ErProsciuttaro te li ricordi i giorni di Gantz?), o seduto sulla tazza spulciare i forum con l'Ipad per vedere se qualcuno ha scritto qualcosa di nuovo (voi che siete linkati sulla colonnina destra... si, ecco, leggo proprio voi mentre faccio la cacca...).

Questa mattina pensavo a Love Letter e alla partita di qualche sera fa.
Non lo capisco sto benedetto gioco, dico davvero.
C'è qualcosa di nebuloso, qualcosa che non mi è del tutto chiaro. E' come se mi mancasse la giusta chiave di lettura, se leggendo il manuale avessi saltato una riga fondamentale o avessi capito Roma per Toma.
E' come se qualcuno mi avesse raccontato la barzelletta del fantasma Formaggino omettendo il suffisso "Formaggino", quindi alla battuta finale "Sono il fantasma! E io ti spalmo sul panino!!" non riesco a ridere.
Stamattina ho preso Love Letter e Mascarade di Faidutti e li ho infilati nello zaino. Non avevo un'idea  precisa di quello che ci avrei fatto, come scrivevo sono un uomo in balia degli ormoni e degli umori, avevo una mezza intenzione di far colazione in autogrill e scattare un paio di foto dei giochi, nessun piano infallibile.
E invece una volta in macchina... ho registrato. Mi son detto "Giacchè devo fare tanti chilometri almeno mi tengo occupato".
Ecco il video -> http://youtu.be/l-2l2Uv6wA0
Ah, dimenticavo: Formaggino.

giovedì 13 febbraio 2014

Ghost Stories: l'avemo propio fatto la figura dei mona(ci)

I veneti mi perdoneranno se ho attinto dal loro dialetto (probabilmente storpiandolo) per il titolo del post.

Qualche sera fa ho mandato un sms a Raistling de La Tana dei Goblin con scritto: "Ciao dottore. Una vita che non ci si sente. Te la butto lì: domani sera sei libero per parlare del senso della vita e muovere qualche token sul tabellone?".

Digressione sulle persone e su di me.
Negli anni e con l'imbiancare inesorabile dei peli sul mio mento ho imparato un paio di cose sui rapporti personali.
La prima è che se vuoi vedere qualcuno, che si tratti di organizzare una pizza di sabato sera con le famiglie, una grigliata di carne e piscina gonfiabile in giardino la domenica pomeriggio (tnx Strizza) o una serata board games, devi buttare giù una data. A stare sul vago, ad aspettare la settimana della congiunzione astrale positiva in cui non ci sono impegni lavorativi, i bambini sono tutti senza catarro, la spesa l'abbiamo già fatta, il dentista è la settimana prossima e la casa è perfettamente in ordine così la moglie è serena, si arriva alle famose calende greche. Per questo quando voglio vedere qualcuno gli sparo lì: "Senti ma...per caso domani sera sei libero?". Non mi importa se il venerdì sera è un giorno caldo, o se glielo chiedo solo con un giorno di anticipo. Se sono libero, io ci provo. In fin dei conti abbiamo già al 50% dei partecipanti.
La seconda cosa è che dobbiamo rassegnarci al fatto che ci sono persone che non hanno "abbastanza voglia" di vederci (nel mio caso vedermi, e non è che posso biasimarle del tutto). Tutti lavoriamo e tutti quanti corriamo. Corriamo dal momento in cui la sveglia sul comodino comincia a trillare, mille azioni secondarie di contorno all'azione principale LAVORO che già sarebbe sufficiente di suo, e invece: figlia da andare a prendere all'asilo, nonni che ci chiedono una mano per risintonizzare i canali sul decoder, macchina da portare dal meccanico perchè ha cominciato a cigolare ad ogni dosso, riunioni di condominio: due ore della mia vita per votare se mettere o no lo zerbino in cocco sintetico nell'androne, documenti da rinnovare, assicurazioni da pagare, pacchi che sembrano essersi persi in un limbo fra un ufficio postale e l'altro.... insomma: da fare ne abbiamo tutti
E' un po' come quando ti dicono "Eh, vorrei tanto leggere ma non ne ho mai il tempo" che è un po' come dire che tu invece che leggi non fai una beata mazza ferrata dal mattino alla sera.
Balle. Il tempo è ristretto per tutti, e indipendentemente dall'orologio che hai al polso le giornate sempre di 24 ore sono. Se ti piace fare una cosa con tutta probabilità riuscirai a rosicchiarti del tempo per farla. Non sempre ma almeno ogni tanto. Se non oggi la settimana prossima o il mese dopo.
Priorità. E' solo una questione di priorità.
Tirando le somme se in un anno di tempo una persona non riesce a ritagliarsi una serata per mangiare una pizza insieme, è perchè non gli interessa abbastanza. Il resto son cazzate.
Ho divagato un po'. Per l'ennesima volta.
Era giusto per spiegare il mio modus operandi e i miei sms flash-mob. Se sono libero io ci provo. Sempre. E apprezzo un sacco quelli che mi telefonano per dirmi: "Senti...infrasettimale non se ne parla perchè ho il pupo che sta mettendo i denti e stiamo sdando di testa, e il weekend ho i muratori in casa che stiamo ristrutturando il bagno. Ti vanno dieci minuti per un caffè in piedi in autogrill, mentre torniamo a casa da lavoro?".
Non sapete quanto li apprezzo.

Mentre ripieno di caffè attraversavo con la macchina una Torino stranamente deserta (e c'era anche un vento di quelli che il giorno dopo hai mal di gola e voce da maniaco) ho messaggiato a Raistlin "Metti in caldo un cinghiale ripieno di token, sto arrivando". Mi ha risposto con un telegrafico "Tutto ok"
Un'ora prima, allineandoci telefonicamente per la serata, mi aveva chiesto se avevo preferenze sul gioco. Avevo risposto "Mi fido dello chef".

Dopo una breve carrellata sugli ultimi acquisti in fatto di board games, e una rapida visita al sacrario di Magic The Gathering (Raistlin possiede TUTTE le carte di Magic, si anche il Black Lotus, si anche Time Walk e i Mox, e potrei giurare che quando gli ho chiesto "Ma Proposal esiste davvero o è solo una leggenda?" lui ha ridacchiato "Ma no, non esiste", ma poi ha guardato verso l'armadio nell'angolo, quello con le due ante bianche, e ha sorriso) ha messo in tavola GHOST STORIES.


Gioco cooperativo per quattro persone, di ambientazione asian-horror (qualcosa in mezzo fra il film The Grudge e il videogioco Forbidden Siren).
Un'entità cattivissima si è risvegliata e ha allungato la sua ombra malsana sul villaggio dagli occhi a mandorla. I giocatori sono quattro monaci color pastello, col compito di contenere l'infestazione, esorcizzare gli spiriti e uccidere il big boss.
La plancia centrale è costituita da 9 tessere che corrispondono ad altrettanti personaggi\abilità attivabili. Ogni giocatore ha una sua abilità peculiare (a dire il vero la plancia di ogni giocatore ha un lato b con un secondo potere, quindi più variabili da incrociare). I giocatori possono scegliere (oltre al movimento) se utilizzare le abilità (che comprendono tra l'altro la raccolta di token bonus) o tentare l'esorcismo. Ad ogni turno entrano in gioco una selva di spettri, tutti carichi di malus e scoppolate varie, una così scrosciante pioggia di sfighe che ci ha messo in difficoltà già dal secondo turno e al quinto meditavamo di mollare tutto e cominciarne una nuova. Gli spettri infestano, rubano risorse, lanciano maledizioni, si richiamano l'un l'altro, e potessero ti fregherebbero anche il wifi.
Passati i primi turni di rodaggio (e superato un momento incubo in cui non avevamo più nessuno dei dadi da lanciare) abbiamo cominciato a essere un po' più sinergici e coordinati, e piano piano non dico ad andare in vantaggio, ma ad arrivare quasi in pari fra spettri evocati e spettri esorcizzati. Raistlin ha giocato generoso, lasciandomi spesso l'iniziativa e la decisione finale fra due tessere al ballottaggio. Abbiamo a mio avviso giocato discretamente. Ma GHOST STORIES è un gioco difficile e non perdona errori ai giocatori. E scoccata la mezzanotte ci siamo distratti. Abbiamo agito con leggerezza, pensando solo a killare un bestione da 4 ingolositi dalla sua ricompensa e non guardando quello che lasciavamo in campo. E indovina un po'? Siamo morti.
La loss è arrivata improvvisa, una secchiata d'acqua gelida.
Raistlin, ammutolito e lievemente insaccato dalla botta improvvisa, ha cominciato a ripercorrere le mosse all'indietro, teorizzando su quello che avremmo dovuto fare. Io, che per qualche perverso istinto sono sempre contento quando il gioco vince sui giocatori (forse mi piace l'idea che un tabellone di cartoncino soverchi degli esseri pensanti) ho metabolizzato in fretta grazie alla consapevolezza che avremmo comunque soltanto procrastinato l'inevitabile, visto che eravamo claudicanti a punti vita e il boss era un Godzilla dentro una cristalleria.
GHOST STORIES merita davvero.
Bellissima ambientazione, belli e robusti i materiali, divertente da giocare e cattivo come pochi.
Confrontandolo con altri cooperativi (parlo di quelli che ho provato, naturalmente) credo possa star immediatamente sotto a Pandemia, che considero il cooperativo perfetto (nota: Carnival Zombie non lo considero un cooperativo ma un caso a sè).
Ci sono buone possibilità che il gioco arrivi a casa mia prima che voi finiate di leggere queste righe.
L'unica nota stonata sono le miniature dei giocatori, orribili a mio avviso, di quelle che ti fanno fantasticare sugli autori del gioco mentre chiaccherano "Ce l'abbiamo fatta, siamo stati giusti giusti nei costi. Proprio al centesimo, eh. Aspetta no, occcacchio, ci siamo dimenticati le miniature dei giocatori. E adesso? Fai così, va: prendi quei quattro Exogini di mio nipote e buttali nella scatola del gioco".

lunedì 10 febbraio 2014

HABA: la parola a chi ci gioca

Qualche giorno fa sono stato all’asilo di mia figlia per la giornata “Genitori all’asilo”. Si tratta di una giornata “open” per mamme e papà, durante la quale un genitore (uno al giorno) sta in classe in mezzo ai bambini per rendersi conto delle varie attività dell’asilo: laboratori, progetto riciclo carta e plastica, ginnastica, inglese…. Si tratta di un'iniziativa molto interessante, e mia figlia, all’ultimo anno di asilo, è stata contentissima di avermi in classe con lei.
All’inizio gli altri bambini mi guardavano con molto sospetto e diffidenza (forse anche a causa del barbone cespuglioso sul mento), poi quando la maestra ha messo anche me davanti a foglio e pennarelli, ho conquistato fama e celebrità disegnando una grossa mucca fumettosa con la lingua penzolante.
Un’ora dopo, mentre ci lavavamo le mani ai bagni, un compagno di mia figlia mi si è avvicinato e mi ha detto “Sai, cominci a diventarmi quasi simpatico”.
Sono scoppiato a ridere e gli ho risposto che la cosa mi tranquillizzava.

Amo fino al midollo la sincerità dei bambini, la loro schiettezza, il loro vivere il momento.
Un bambino non gira intorno alle cose, non ti dice che la minestra è buona se non gli piace (magari la mangia lo stesso, ma te lo dice che comunque la mangia solo perché deve), non teme di ferirti quando ti dice che la pasta in bianco che fanno all’asilo è più buona della tua (grazie1000!), o che il maglione che gli ha regalato la zia non è un vero regalo ma “solo un maglione”.
I bambini sono schietti e il modo migliore per sapere cosa piace loro è chiederglielo direttamente.
Ho preso i 4 giochi HABA che abbiamo sullo scaffale (c’era anche Il Frutteto ma ho preferito mantenermi sulla stessa dimensione del gioco, per evitare che premiasse "quello più grosso e con più roba dentro") e ho chiesto a mia figlia di farne una classifica.
Insomma: se vuoi sapere qual è il miglior martello possibile per aggiustare il lucernario nel sottotetto di casa, devi chiedere a un carpentiere, non a un podologo o a un avvocato penalista.

Ecco quindi a confronto
- BELFIORELLA
- RINO ERCOLINO
- LADRO DI CAROTE

- TORRE DI ANIMALI (Il Duello)
 nota: i giochi spaziano da 3 a 5 anni, stessa dimensione della scatola, identico prezzo (9 euro) tutti e quattro dell'Haba


1° classificato
TORRE DI ANIMALI
Ultimo arrivato in casa nostra (cosa che sicuramente avrà pesato nella valutazione).
Ogni giocatore ha a disposizione 4 animali (tigre, polipo, oca, scoiattolo). Si lanciano due dadi che riproducono le sagome degli animali.
I due dadi, grande e piccolo, indicano di round in round quale animale dovrà stare alla base della nuova torre e quale in cima.
Il più veloce a costruire la torre guadagna una moneta. Vince chi arriva a 3 monete.
Considerazioni.
Già l'idea di costruire una torre di animali è di per sè una bella idea.
Torre di animali è un gioco nel gioco: quando ti stufi di metterli in pila puoi anche solo giocare con gli animali, ampliare lo zoo con le pecorelle del presepe o con i dinosauri del bidone dei giocattoli. E poi il fatto che siano a coppie piace un sacco alle femminucce (che riproducono la coppia mamma-e-papà).
Nota: dei 4 è il gioco più difficile, perchè richiede una più elevata dose di manualità e le prime volte la bambina si spazientirà nel vedere la torre crollare. Il consiglio è di giocare con lei le prime partite e lasciarla prendere dimestichezza con gli incastri. Due tre partite e sarà pronta.

2° classificato
BELFIORELLA
Primo gioco HABA ad essere arrivato a casa nostra e sicuramente quello al quale mia figlia è storicamente più affezionata ("Ci giocavo quando ero piccola" spiega dall'alto dei suoi 5 anni).
Ad ogni turno i giocatori pescano a caso una tessera fiore e la "piantano" sul campo. Poi lanciano il dado e muovono Bellafiorella di altrettanti saltelli sul prato, raccogliendo il fiore sulla casella di arrivo. Esauriti i fiori si conta chi ne ha di più.
A casa ci abbiamo giocato un sacco, sia noi tre che con amichette e compagne dell'asilo. Belfiorella piace perchè ci sono tanti  fiori diversi e durante la partita le bambine giocano a collezionarli tutti (e non è raro che se li scambino: "Mi dai la rosa per il tulipano?"). La vittoria finale è abbastanza accessoria: la bambina che non vince si compiace comunque del suo prato fiorito e si gongola per esser riuscita a collezionarne uno per tipo. Anche la pecora di legno ha un musetto simpatico che piace un po' a tutti.
Nota: dei 4 è quello rivolto a un pubblico più piccolo (3 anni).

3° classificato
LADRO DI CAROTE
Pensavo di vederlo al fondo della classifica invece si salva dalla zona retrocessione.
La scatola è parte integrante del gioco e assurge al ruolo di campo.
Ad ogni turno si lancia il dado e a seconda del risultato è possibile: piantare una carota \ annaffiare una carota \ raccogliere la carota piantata \ muovere il coniglio. Scopo del gioco: raccogliere 3 carote prima che il coniglio ghiottone se le mangi tutte.
A mio giudizio è un gioco un po' macchinoso per la fascia d'età per la quale è disegnato. Nel gioco ci sono troppe eccezioni con conseguente azione diversa da quella indicata dal dado (ad esempio se esce la carota devi piantarla... ma se le hai già piantate tutte e non ne hai nella riserva allora la sposti dal prato verde chiaro a quello verde scuro). Spiegato in più serate alle amiche di mia figlia non è mai risultato immediatamente chiaro nè scorrevole. Personalmente lo considero il gioco peggio riuscito, considerato anche che mia figlia non ci ha mai giocato più di una partita a sera. Si salva solo per il coniglio e le carote, e quel minimo di cooperativo legato alla fuga collettiva dal coniglio ghiottone.
Chiedendole cosa cambierebbe mi ha detto che le sarebbe piaciuto trovare nella scatola anche il contadino raffigurato nel dado e l'innaffiatoio.

4° classificato
RINO ERCOLINO
Crolla nelle preferenze un gioco che ci ha tenuto in sacco di compagnia durante le vacanze di natale: Rino Ercolino!
Ho già parlato delle sue meccaniche  QUI quindi passerei direttamente alle considerazioni.
Il gioco precipita in gradimento a causa del suo clone più evoluto, Torre di animali, nel quale devi fare grossomodo la stessa cosa (ossia costruire una torre alta senza farla cadere) ma con animali in legno, che è molto più fico che impilare carte. Alla fine quindi il gadget, le miniature, vincono sulla mera rappresentazione, il che non stupisce visto che accade la stessa cosa nei board games degli adulti.
Rino quindi non viene bollato come brutto però "L'altro che gli assomiglia è meglio".
Nota1: rispetto agli altri 4 giochi è probabilmente l'unico che possa essere giocato anche solo "dai genitori", come fillerino, non troppo diverso da un Rock&Balls, da sabato sera neofiti.
Nota2: nonostante il 4° posto mia figlia continua a giocarci. Più che a Ladro di Carote.


Conclusioni prevedibili e nuova scoperta dell'acqua calda.
Muovi il rinoceronte, raccogli la carota, metti il fiore in bilico sul coniglio....
I giochi HABA sono oggettivamente ben fatti, curati, di materiali robusti, forse non sempre perfetti al 100% (Ladro di carote) proprio come i titoli per gli adulti, ma nel conto a fine pasto sono il genere di giochi che ogni genitore vorrebbe per i propri figli. Personalmente mi piacerebbe trovarli nella corsia del supermercato fra i giochi di società, al posto della solita interminabile fila di Memory in 200 salse diverse o Monopoly - Topolinopoly - BenTenOpoly, o peggio ancora al posto dell'ennesimo porting di quiz televisivo tipo Milionario e gioco dei pacchi.
Forse dovremmo sforzarci noi per primi, noi giocatori di board games, a biasimare pubblicamente questi titoli, a lamentarci nei supermercati "Ma checazzo avete sempre gli stessi 4 titoli muffi?!?!?!?", invece di continuare a sopportarli-supportarli in silenzio, in attesa che la natura dei board games faccia il suo corso (negli step Carcassonne -> Catan -> Ticket to Ride -> ...), fiduciosi in un salto di qualità che è molto più probabile che non si verifichi mai, piuttosto che si verifichi.
Cominciamo noi giocatori a dire cosa è bello e cosa FA SCHIFO.
Si, come i bambini. Questo è bello e quello fa schifo, almeno: a me fa schifo. 
E col cacchio che lo compro.

venerdì 7 febbraio 2014

Perchè odio Le Havre Ancora in Porto


In attesa che ristampino Le Havre, per la gioia mia e di tutti i serial killer al mio seguito, vorrei spendere due parole sul fratellastro: Le Havre Ancora in Porto.

Il gioco ha già un paio d'anni e probabilmente molti di voi l'avranno già comprato e giocato.
Il prezzo è molto interessante: per 20 euro vi portate a casa un titolo da 2 giocatori, strategico, ingegnoso, non banale, dimensione della scatola contenuta, che fonde al suo interno i meccanismi delle carte edificio di Le Havre con la rotella di Ora Et Labora.

Non voglio addentrami troppo nelle meccaniche del gioco quindi riassumerò molto brevemente.
Ogni giocatore ha una plancia con rotella, e un magazzino merci fatto a griglia (la posizione dei cubetti sulla griglia corrisponde al numero di merci possedute). Ad ogni turno entrano in gioco delle tesserine edificio. I giocatori possono comprarle e piazzarle sulla propria rotella, che è divisa in settori. Ogni settore (4,4,3,2,0) è un moltiplicatore. Quando l'edificio viene attivato, si ottengono punti\risorse a seconda del moltiplicatore. E' possibile utilizzare sia i propri edifici che quelli dell'avversario (pagando una moneta) e innescare mini combo fra le tesserine. Vince chi ha più punti alla fine dei 12 turni.


E veniamo all'odio.
Si può odiare un gioco per tante ragioni: perchè brutto, perchè il manuale è scritto coi piedi, perchè la qualità dei materiali non era quella che speravamo, perchè tradotto a minchia, per grossolani errori di stampa sui componenti, perchè un secondo dopo averlo acquistato scopriamo in rete che hanno trovato una strategia che vince su tutte le altre e vanifica ogni aspetto strategico...
Personalmente odio Le Havre Ancora in Porto perchè lo considero un'occasione sprecata.
E' un po' come vedere Giovanni Allevi rasare rotoli di kebab e poi farcirci panini, invece che suonare un pianoforte. O Rocco Siffredi recitare in Distretto di Polizia.

Ancora in Porto aveva tutte le carte in regola per diventare un vero capolavoro. Ma le ha giocate male. E a distanza di 2 anni dalla pubblicazione rimane quindi solo "un buon gioco da 2", un titolo in mezzo a tanti altri titoli.
Ponetevi questa domanda: perchè un gioco di un autore di fama mondiale come Uwe Rosenberg, venduto al prezzo popolare di 20 euro, bilanciato e con fattore fortuna pari a zero, non ha un solo commento nella sezione strategy del forum di boardgamegeek (uno dei siti di board games più famosi e rinomati al mondo)?

Che ci sia qualcosa di stonato lo si intuisce sin dalle prime partite.
Non mi soffermerò sulla "freddezza" del gioco, anzitutto perchè la cosa è arcinota e se ne sono lamentati tutti sui forum, poi perchè se amate i german come li amo io sapete che si tratta di un non-problema.
Ancora in Porto non ha, a onor del vero, macro difetti. Ma ha tanti piccoli difettucci che messi uno dietro l'altro creano una persistente sensazione di fastidio al giocatore.
Partiamo dal nome. Se chiami un gioco Le Havre Qualcosa, il gioco deve assomigliare in qualche modo a Le Havre. Un po' come se fai un film dal titolo Rambo 5: non basta che ci sia Stallone, devi metterci anche qualcosina che abbia a che vedere con Rambo, il Vietnam, la guerra, ... se ci metti le spade laser, Yoda e la corsa degli sgusci, non puoi chiamarlo Rambo 5, neanche se fra gli attori c'è Stallone.
Le Havre Ancora in Porto con Le Havre centra molto poco, e lo capisci subito che quel "Le Havre" sul titolo è stato messo lì solo come specchietto per le allodole. Quindi già durante la prima lettura del regolamento provi una pruriginosa sensazione di "Ci sono cascato".

La sensazione di "non era quello che mi aspettavo" permane e si amplifica quando ti accorgi che non c'è alcun albero tecnologico delle risorse come c'era in Le Havre. In Ancora in Porto le risorse non sono vere risorse, ma solo "un'altra moneta" per acquistare altre tessere edificio. Fastidio. Se noleggi un film horror è perchè speri di trovarci horror, magari anche horror di serie b, ma non certo arti marziali, per quanto eseguite magistralmente.
I token risorsa: 10 coriandoli della dimensione di una moneta da 1 centesimo. Scomodissimi quando vanno a occupare la stessa casella sulla griglia del magazzino e devi impilarli uno sopra l'altro e non sai cosa c'è sotto. Li ho sostituiti con 8 cubetti di Caylus. Non è che ci voleva una scienza a capire che i cubetti erano più pratici (tra l'altro cubetti comuni, di colore \ dimensione assolutamente standard, non è che parliamo di produrre i dadi custom di Quarriors).
Ma il fastidio maggiore, la vera pallonata nei coglioni, ti arriva "giocando".
Titolo da 2 giocatori, giusto?
Ecco: di solito, quando giocate in due a un qualsiasi titolo, magari con vostra moglie o con un vostro collega d'ufficio, come vi sistemate al tavolo? Uno di fronte all'altro, immagino, col "tabellone" in mezzo.

Immaginate di prendere una banconota da 50€ e di strapparla in 15 pezzetti.
E su ogni pezzetto scrivere:
- il costo in risorse
- il valore in punti vittoria
- il nome dell'edificio
- l'effetto

Ora prendete i pezzetti, girateli al contrario, posizionateli sulla plancia dell'avversario di fronte a voi e provate a  leggere.
Mi domando: ma se il gioco prevede di poter utilizzare anche gli edifici sulla plancia dell'avversario, e questo aspetto del gioco è davvero una gran figata, è un po' il cuore della strategia: beneficio degli effetti di una sua risorsa e gliela "tolgo" anche, magari proprio quando il moltiplicatore è più ciccio, perchè diamine farli così piccoli? Possibile che non si sia accorto nessuno quanto sono difficili da leggere, piccoli e al contrario?
E così l'unico modo per non incazzarsi e non farsi venire il torcicollo è sedere uno accanto all'altro, o sulla "L" del tavolo. Restano piccoli lo stesso ma almeno è giocabile.

E quello che mi fa davvero imbestialire di Ancora in Porto è che il gioco E' BELLO! Mi piacciono le sue idee, mi piace la rotella, mi piace fregare gli edifici all'avversario quando arrivano sul "4". E' un gioco che se solo avessero curato di più nei dettagli, sarebbe stato un piccolo capolavoro del gioco a 2.
Questo mi tormenta.
Fosse un brutto gioco me ne sarei già dimenticato, l'avrei bollato come "acquisto del cazzo" e la scatola sarebbe finita in fondo all'armadio (difficilmente rivendo i giochi, anche se brutti).
E invece Ancora in Porto mi costringe a continue "seconde possibilità". Quindi ogni tanto lo vado a riprendere sullo scaffale, "Forse sono stato un po' troppo severo", e lo propongo a qualche amico.
Ci giochiamo, rivivo quella sensazione di fastidio mista ad occasione sprecata, e finita la partita la scatola torna sullo scaffale (lanciata con una certa veemenza).
Un loop dal quale non uscirò mai, a meno che un giorno stampino:
Le Havre Ancora in Porto 2 - Tutte le tessere edificio grandi e piccole. 
Lo prenderei al volo, giuro.