martedì 30 settembre 2014

Unbalanced

Dopo cena con caffè dal Gigante e dalla Ragazza con gli Occhi di Cristallo, con correzione in tazzina di Cartagena di Colovini.
Vi ho già raccontato di questa nuova coppia di amici, e di qualche pizza a portar via seguita da Carcassonne Mari del Sud, l'Isola Proibita, Sushizock, Hick Hack .... ma c'è una cosa che mi sono dimenticato di raccontarvi di questi due ragazzi: che sono belli.
Ma belli da morire.
Centonovantatre centimetri lui, con una scacchiera di addominali che ci potrebbero giocare la finalissima Karpov contro Karsparov, capelli color corvo lucido, e l'aspetto del bello e tormentato, di quei figaccioni che alle medie, quando noi nerd non si beccava manco a pregare, l'avresti voluto come tuo migliore amico, per stare al suo fianco e raccattar le sue briciole, come quei pesci che nuotano ai lati della bocca degli squali. E lei, occhi di ghiaccio capaci di far vacillare ogni uomo nel raggio di 10km, alta, flessuosa, statuaria, da voltarsi quando passa, indiscutibilmente bella.
Presi separatamente sarebbero la classica eccezione a conferma della regola, in cui la regola è un certo comprensibile livello di imperfezione, ma è a guardarli insieme che non ci credi, sembrano quelle coppie impossibili tipo Brad Pitt e Angelina Jolie, quel piove sempre sul bagnato tipo Bill Gates che vince alla lotteria.

Cartagena
Adolescente distopico e con una visione del mondo fra Interceptor e Fallout3, sono cresciuto farcendo i miei panini di rabbia con i film Escape from qualcosa, a cominciare dallo sbuccianocche 1997: Fuga da New York, e proseguendo sulla retta via con Fuga da Alcatraz e Fuga dal Bronx, fino a cheeseburger-pellicole che mi vergogno di aver guardato (ma che ho guardato) come Fuga da Absolom e 2013 la Fortezza.
Quindi l'idea di un gioco ispirato alla fuga di un gruppo di pirati anti-eroi dalla fortezza di Cartagena, attraverso lerci cunicoli sotterranei infestati da ratti pieni di pidocchi (qui già la fantasia si sniffa il solvente), mi attirava come le scarpe in saldo alle donne.
A onor del vero in Cartagena l'ambientazione Escape from non è che proprio si senta tantissimo, il gioco è molto  essenziale e "german", quindi molta tattica, e pochi orpelli e lapislazzuli decorativi.
Ma oggettivamene un buon gioco, concreto, solido, buono come introduttivo, buono come family game, e interessante anche come filler per i magnacrauti più oktoberfist.
Prestatomi dal Jena "RedBairon" Plissken, ingannato e poi ricattato con due token di cianuro a lento rilascio iniettati nel sangue, Cartagena tiene fede all'inesorabile countdown al polso con un regolamento che può essere spiegato in una quarantina di secondi fra la vita e la morte.
Scopo: far arrivare i propri pirati da un lato all'altro del percorso sotterraneo, al termine del quale attendono una barca a remi e la libertà
Regole: solo due le azioni possibili: 1-giochi una carta e fai avanzare uno dei tuoi pirati fino al primo spazio libero con lo stesso simbolo della carta che hai giocato (es. se giochi la carta bottiglia fai avanzare un tuo pirata fino al primo spazio "bottiglia" libero)
2-fai tornare indietro uno dei tuoi pirati fino al primo spazio già occupato da 1 o 2 pirati. Se torna su uno spazio occupato da un pirata peschi una carta, se occupato da due pirati peschi due carte.
Il tabellone di gioco è composto da 6 segmenti (ognuno raffigurante i 6 simboli spada \ chiave \ teschio \ cappello \ bottiglia in una sequenza diversa) combinabili in centinaia di percorsi diversi.
Cuore del gioco: ottimizzare le giocate in modo da sfruttare il più possibile la copertura dei simboli, per arrivare alla barca prima dei propri avversari.

La partita comincia.
Come al solito in quanto proprietario del gioco (in questo caso specifico "portatore del gioco") vengo visto come il favorito al tavolo e osteggiato da tutti gli altri, e cacio sui maccheroni si cavilla subito attorno alla questione se il primo giocatore sia più svantaggiato oppure no.
La partita decolla e la strategia prende il posto delle parole.
Io gioco con l'idea di portare avanti tutto il gruppo in blocco e non lasciare nessuno troppo indietro, e cerco sia di non vuotarmi mai del tutto la mano, sia di conservarmi un po' di polmone e di margine di manovra.
Gli altri tre giocano molto più spregiudicati, spendendo tutte le carte per lanciare in fuga solitaria singoli pirati, il che non mi sembra molto lungimirante.
Me la ghigno segretamente, infischiandomene dei loro primi pirati già sulla barca, e gongolandomi in anticipo per il momento della partita in cui si accorgeranno di averne lasciato uno troppo indietro...
La partita si conclude una mezzora dopo. Chiudono e fuggono via con l'unica scialuppa la mia Francy e Occhi di Cristallo (Francy ha chiuso per prima ma nel concludere il giro Occhi l'ha raggiunta) mentre io e il Gigante proseguiamo a oltranza a insultarci e a spintonarci nei cunicoli, almeno altri sei turni, litigando su chi sia il meno peggio.

99 bottiglie di birra
Carnoso, di sostanza, elegante nelle meccaniche, con nessuno slot riservato alle supercazzole e un motore semplice ma destinato a macinare 300.000km come le macchine diesel di una volta.
Se devo spaccare il capello in quattro, le illustrazioni non sono la cosa più vivace su questa terra, ma non è il tipo di gioco che vive sulle illustrazioni: Cartagena è la quintessenza della sostanza, del pane al pane vino al vino, del meccanismo che la fa da padrone e "voi siete solo bravi a parlare".

Il primo giocatore è figlio unico
Cos'è un gioco da tavolo se non un simulatore di vita? Aperta la scatola e apparecchiata l'illusione, veniamo chiamati a delle scelte: sei su un isola che sta affondando: cosa prendi prima il salvagente o la borraccia d'acqua dolce?
E il finale è sempre spietato: uno solo vince e tutti gli altri perdono.
Le nostre azioni si trascinano fili del nostro dna e diventano estensione del nostro carattere: siamo prudenti o carichiamo a testa bassa, puntiamo sul poco ma sicuro o sul molto ma rischioso, investiamo nell'economia e costruiamo o nella guerra e distruggiamo?
Facciamo le nostre scelte, ce lo giochiamo tutto in una mano 'sto all-in, e pretendiamo (sì, pretendiamo) il bilanciamento.
Deve essere bilanciato, bilanciato in maniera perfetta e assolutamente equo il simulatore di vita,  anche se la vita non lo è per niente.
Nella realtà sull'isola che affonda i deboli soccomberebbero prima degli altri, i grassi non riuscirebbero ad arrampicarsi sui alberi, le donne più gracili a resistere alle onde più violente, e gli anziani alla forza della corrente.
Nella realtà il Gigante vincerebbe sempre e comunque, o almeno: annegherebbe per ultimo sull'isola che affonda, perchè geneticamente avvantaggiato, perchè la natura gli ha messo in mano più token che a tutti gli altri.
Così pretendiamo un simulatore equo, che resetti le ingiustizie e le partigianerie genetiche e sociali, che livelli tutti alla stessa altezza, nani e giganti, deboli e forti, perdenti e vincenti a tavolino.
Vogliamo il reset per rigiocarcela, almeno su carta, per vedere come sarebbe stata tutti con gli stessi token in mano....
E prenderci la nostra piccola, fugace, vittoria.

domenica 28 settembre 2014

Vaschetta lancia dadi senza pretese

Perchè:
1-perchè le partite iniziano la sera e finiscono la notte, alcune volte tarda notte, e non sembra ma tre dadini del puffo che rollano sul tavolo all'ora delle streghe e delle accompagnatrici, fanno un discreto rumore (e moglie e figlia ronfano nella stanza accanto)
2-perchè succede sempre che qualche lancio generoso finisca oltre il bordo del tabellone, e che un dado precipiti giù e si metta a saltellare allegramente sul pavimento prima di venire acchiappato, per la felicità dell'inquilino al piano di sotto
3-perchè ogni tanto lanciando i dadi travolgo token, miniature e segnalini sul tabellone, niente di grave naturalmente, ma se appena appena posso evitarmelo...
Per la vaschetta lancia dadi senza pretese (leggi anche: per chi si accontenta di poco e vuol spendere fra il completamente gratis e il quasi gratis) ho utilizzato:
1 sottovaso per piante quadrato largo 25cm
2 panni Vileda
colla Vinavil

VIDEO -> http://youtu.be/Yr_kFV_VS2Y


venerdì 26 settembre 2014

Quando gli eschimesi fanno LOTR

Uscito dall'ufficio mi fermo in un baretto a prendere un aperitivo con ombrellino con GianlucaGianduia, conosciuto al Torino Comics e da me ribattezzato di recente POG per l'abitudine dei suoi amici a scroccargli consulenze aggratis (congedandosi con Per Ora Grazie).
L'idea sarebbe Campari con filler (rivisitazione della cena con delitto in chiave token) ma campioni del mondo nella disciplina del menar la rava e la fava, passiamo la mezzora insieme al bar a chiacchierare se sia meglio Agricola o Caverna, infilzando olive verdi piccanti e leccando lo zucchero dal bordo del bicchiere.
Culmine della discussione: ma gli eschimesi quanto saranno bastardi ai giochi da tavolo? Dato infatti l'assunto che i russi sono imbattibili a scacchi perchè in russia fa un freddo\gelo\neve\ghiaccio che nessuno esce mai di casa e se ne stanno tutti ben imbottiti fra le quattro mura o a ficcare o a giocare a scacchi, gli eschimesi che vivono pure peggio sul crepaccio del leggendario -273°, saranno degli ammazzameeples come nessuno mai.
Nota: su internet non ho trovato riscontri a riguardo, ma io e il Pog non molliamo e porteremo a galla la scomoda verità, d'altra parte sugli eschimesi girano un sacco di menzogne, vedi quella delle 50 parole per dire neve (giusto per non vincere facile con l'abominevole uomo delle nevi).
Io e il Pog ci congediamo senza giocare.

Il Signore degli Anelli: La Sfida
Con RedBairon assente per infortunio e indecisi su come ammazzare il tempo, perchè effettivamente vorremmo ammazzarlo un tempo così hijo de puta che pioveva finchè eravamo al mare e sembra luglio ora che siamo richiusi in ufficio, io e il vikingo facciamo un salto al Games Academy.
Visto che siamo due brutti ceffi e forse è meglio isolarci dalla gente per bene, Randy ci carica la demo de Il Signore degli Anelli: La Sfida.
Titolo al quale, per inciso, mi sottrarrei volentieri, visto che notoriamente tutto quello che scodinzola attorno a Lotr mi fa lo stesso effetto di Magalli alle due di notte, ma sulla scatola leggo un gioco di Reiner Knizia, ed allora diamogliela una possibilità.
Ristampato di recente dalla Giochi Uniti con una nuova veste grafica, si tratta di un gioco esclusivamente per due giocatori, asimmetrico, della durata di un'oretta scarsa (sulla scatola c'è scritto 30 minuti ma noi la paralisi da analisi ce la beviamo col Campari), ambientato nel mondo erbapipa degli hobbit di Tolkien.
Due le fazioni, naturalmente: Il club degli amici di Frodo da una parte e La banda di motociclisti di Sauron dall'altra (io manco a chiederlo prendo quelli col chiodo).
La partita comincia con il posizionamento delle unità sulla mappa, ognuno dal proprio lato. Le unità sono formate da un supporto\basetta in plastica e da un'ìllustrazione in cartoncino da infilare nel supporto a mo'di quadro. Sono realizzate in modo che ogni giocatore possa vedere in chiaro soltanto le proprie, mentre di quelle avversarie vedrà solo il dorso (vedi prima foto).
Come dovrebbe finire il film.
I buoni vincono se Frodo riesce ad arrivare a Mordor (angolo opposto) per sbarazzarsi del famoso anello.
I cattivi vincono se riescono a tagliare la gola a Frodo o se tre unità raggiungono la Contea (angolo opposto).
Come funziona a grandi linee.
Ognuno muove le proprie unità. Quando due unità si incontrano nella stessa casella, si rivelano e comincia lo scontro. Lo scontro viene risolto sommando il valore di forza al valore di una carta giocata dalla mano.
Naturalmente le singole abilità la fanno da padrone.

Ingame
Prima partita ad annusarci guardinghi, come cani randagi che si incontrino davanti a una pattumiera rovesciata.
Giochiamo prudenti e di misura, e procediamo in sostanziale equilibrio, perdendo a targhe alterne un'unità io e una lui, fino a 3/4 della partita.
Poi piazzo un bel trappolone sul fiume e Viking se la beve tipo quelli che comprano le creme corpo dimagranti. Gli secco l'unità. Che si rivela essere proprio il pavido Frodo Baggins.
1-0 per il Dado di Saruman.
Rematch con le unità avanzate (togli l'illustrazione dal supporto, la giri al contrario e giochi con altre abilità e differenti valori di forza).
Ce la giochiamo dura, come i due cani di prima che trovino nella pattumiera un solo osso.
Io punto al secco 2-0 per portare a casa la serata e il diritto di perculare, Viking al pareggio selvaggio, per salvare faccia e virilità.
Giochiamo di prudenza, ponzando ogni singola mossa oltre il limite consentito, e come se avessimo messo un bel centone sulla partita. Dopo qualche turno di studio, scaglio il mio Nazgul Volante contro quello che penso essere il suo Frodo, e questa volta abbocco male io e vado sotto di un'unità. Prendo tempo col tattico Vermilinguo, praticamente immortale, e affido al Re Stregone il successo del mio piano b.
Le unità si diradano e ce la contendiamo a centro mappa, scommettendo l'intera partita su una sola letale giocata. Io fingo di attaccare con l'intenzione di ucciderlo e tirare dritto verso la contea. E invece gioco la carta Ritirati di lato. Mi aprirò un varco dal fianco. Spero.
Lui non si beve il bluff e gioca l'unica carta che può salvarlo dalla loss. Mi viene dietro, anzi mi si para davanti. Impossibile evitare lo scontro diretto. Perdo il Re Stregone e la partita.
Gioco molto tattico e molto "tattile": ogni centimetro di mappa viene conquistato palmo a palmo, in un tentativo continuo di lettura delle mosse avversarie e contropaccotti per non rivelare le proprie. Molto fumo negli occhi e inevitabili azzardi per riuscire da una parte a nascondere Frodo e dall'altra a spingerlo nel punto più pericoloso della mappa.
Nonostante una certa sensazione di rigidità nei movimenti e un ristretto numero di caselle sulle quale muoversi, il gioco mi sembra comunque abbastanza vario e longevo, sia per il numero di combinazioni possibili fra unità vs unità e carte, sia grazie all'introduzione delle unità avanzate (e la possibilità di mixare gli eserciti).
Un buon gioco di bluff e strategia, quindi, robusto, spietato, cazzuto, per veri eschimesi .

Epilogo
A fine partita il Vikingo-Baggins, forse galvanizzato per un pareggio che pesa quanto una vittoria, sicuramente sedotto dallo sconto che Randy ci fa alla cassa, si compra il gioco e se lo ficca nello zaino.
Sulla strada del ritorno, fitto scambio di whatsappate con RedBairon:
Red: a cosa avete giocato?

Dado: Mage Knight (ndr: gioco preferito di Red) giocato in 4. Partita epica.
Vik: bello, si. In 4 si allunga molto molto ma rende di più.
Red: Sigh !
Vik: ci siamo uniti a una ragazza agguerritissima e a suo fratello. Partitona!
Dado: la promo è sgravatissima
Red: Promo? Ma non esistono le promo a MK.
Dado: C’era Grataelkul un boss addizionale col suo set di carte e segnalini (ndr: Grataelkul -> onomatopea di “Gratta Il Culo” in piemontese)

Vik: è la promo della versione anniversary. Su ebay c'è già gente che la vende a 199€
Red: ….
Dado: [upload foto de Il Signore degli Anelli La sfida]
Red: Ma andatevene a

domenica 21 settembre 2014

L'astronave cadeva a pezzi....

Ci sono: Walter Obert, il Mago Charlie, Tuxx, e il Dado Critico su un'astronave in caduta libera verso la Terra...
Sembra l'inizio di una barzelletta c'è un italiano, un francese e un tedesco, ma qui c'è poco da ridere: siamo nello spazio che inghiotte suoni e speranze, in qualche buco di culo imprecisato fra Alfa Centauri e la Grande Nube di Magellano. L'impianto elettrico della Tuxx2000 è fritto come un vecchio televisore a valvole spompato, gli alieni prendono a testate le fottute pareti e l'astronave perde pezzi di lamiera anche solo a soffiarci contro.
Trentuno i giorni di viaggio che ancora mancano prima del rientro nella nostra atmosfera, e l'aria povera d'ossigeno comincia a scartavetrarci i polmoni.
Imperativo resistere, tappare le falle, ripristinare il malconcio impianto elettrico, contenere la minaccia aliena.

ANTEFATTO
L'avevo puntato allo scorso IdeaG, attratto dalla quantità di carte e token sul prototipo, e dal suffisso "paranoia" nel titolo: Space Paranoia.
Non ero riuscito a ritagliarmi una sedia al tavolo fra i ragazzi che l'avevano provato, così il giorno successivo avevo scritto a Tuxx (senza sapere che era proprio Tuxx di Monster in a box) chiedendogli "Mi piacerebbe provare il tuo gioco, mi tieni informato dovessi fare una demo a Torino e zone limitrofe?".
Nove mesi dopo, il tempo di una gravidanza perchè ogni buon gioco è un parto fatto di contrazioni dolorose, speculum e sbalzi d'umore, ci troviamo un sabato pomeriggio ai tavoli del Jolly Joker, per testare il gioco.
Oltre ai già citati boss di fine livello: Walter Obert, figura leggendaria e padre spiriturale di tutti i game designer, e il munifico Carlo Emanuele Lanzavecchia, di rientro dalla germania col premio ancora caldo in valigia, mio compagno di merende in questo proto-test sarà il molto più muzzuno ma altrettanto "solito" RedBairon, sul quale faccio affidamento in quanto esperto in regolamenti, bilanciamenti, falle e bacherozzi.

SPACE PARANOIA (prototipo)
Cooperativo da 1 a 5 giocatori, di ambientazione spaziale, pressochè indipendente dalla lingua, della durata xenomorfa di 60-420 minuti (muhahaha).
Scopo del gioco: contenere i danni all'astronave e resistere fra alieni fottimadre ed emorragie d'ossigeno, per i 31 turni necessari al rientro sulla Terra.
Il setup comincia con la composizione (casuale) dell'astronave, per mezzo di carte che rappresentano compartimenti vanilla (stanze vuote), sale terminali (in numero di 4 in 4 colori diversi) e stanze di comando con effetti attivabili. Vengono poi estratte da un sacchetto e distribuite fra le stanze (casualmente) le porte a chiusura stagna (in 4 colori: alcune verranno posizionate random aperte e altre chiuse).
Cuore del gioco la "pulsantiera".
L'astronave è evidentemente un residuato del primo episodio pilota di StarTrek, e gli interruttori che governano l'apertura di tutte le porte automatiche, dei terminali e delle stive oggetti, funzionano, per usare un latinismo, ad virga canis.
Più nel dettaglio: se per passare da una stanza all'altra si deve attivare l'apertura della porta gialla, attivando l'interruttore giallo si attiveranno TUTTI gli interruttori di TUTTE le stanze, terminali, stive, di colore giallo presenti sull'astronave.
Si intuiscono facilmente le conseguenze: attivando le porte da una parte si aprono falle d'ossigeno dall'altra, si disattivano i terminali (nota: con 4 segnalini terminale di 4 colori diversi, si può effettuare un balzo in avanti di 7 giorni nel rientro a casa), si ostacolano i compagni, si liberano gli alieni intrappolati nelle stanze.
Attorno a questo trick orbitano tutte  le altre sfighe dei cosmonauti: piogge di asteroidi, corto circuiti, pulsanti bloccati, alieni di diverse pezzature più o meno incazzati... (per intenderci: la carta evento NON ACCADE NULLA è l'evento più "positivo" del mazzo, e viene sempre accolta da un fantozziano 90 minuti di applausi dei giocatori).
Il gioco prevede una forte interazione fra i giocatori: essenziale collaborare, pianificare, passarsi gli oggetti, accordarsi sull'apertura delle porte, riparare le falle (con 5 stanze fuori uso è game over) e coordinare assieme l'uccisione di un alieno attaccato ai cabasisi.

Conclusioni
La partita si conclude con la vittoria dell'equipaggio, fra l'acciaccato e l'esausto.
Prototipo validissimo, che ha convinto tutti al tavolo.
Sul viaggio di ritorno in macchina ho chiesto lumi al Tritamanuali, che ha messo il titolo sul tavolo operatorio e l'ha autopsato senza anestesia, non trovandoci grossi problemi nè di meccaniche nè di bilanciamento
Credo che con una sforbiciata alla lunghezza (i 420 minuti di cui sopra erano un chiaro sfottò al buon Tuxx) e una generosa mestolata di cattiveria (il mio parere, che per altro condivido, è che i cooperativi debbano far cacare schegge di vetro e palle da tennis, ai giocatori attorno al tavolo, e non perdonare giocatori "solitari") possa funzionare alla grande.
Il grosso, dunque, sembra fatto, occorre lavorar di lima per unghie e carta seppia.
In bocca al lupo, Tuxx, ci vediamo al prossimo IdeaG (o direttamente sugli scaffali).

Post Scriptum Critico
Si era andati per provare un prototipo e comprare delle bustine protettive da 3 euro, e si è tornati con Libertalia (con monete promo!) e un Panic Lab comprato da Red in zona cesarini.
Vatti a fidare degli ormoni...

martedì 16 settembre 2014

Have a nice Troll

Sabato scorso sono stato al Turin Taste of Beer, prima edizione di quello che si propone come il nuovo festival torinese della birra artigianale.
Una ventina le birre assaggiate, grazie alla disponibilità dei mastri birrai e a un po' di faccia di tolla, e alla fine me ne sono tornato a casa con queste belle bute:
-Weizen (birrificio Birra Elvo) birra di frumento, fresca, fruttata, beverina e pericolosamente vigliacca (5.5°)

-Uluc (birrificio Beer In) pale ale ambrata, di carattere, luppolatissima come piace a me (6,3°)
-Peru Pistùn (birrificio Beer In) weizen carica d'adrenalina che ti si arrota sul palato (5,5°)
-Rata Vuloira (birrificio Beer In) smoked beer (affumicata) impegnativa, complessa, approcciabile da sola o azzardando abbinamenti - io già medito il mio favorito cioccolato 99% cacao- (5,5°)
-Celtic Ortic Cervogia (birrificio Beer & Bier), birra con ortiche fresche ammostate (5,5°) quella che vedete nella foto contesa dai due eserciti di Cave Troll.

CAVE TROLL
Titolo da 2 a 4 giocatori, con meccaniche di piazzamento e maggioranze (niente dungeon crawl, ma questa è dannata pubblicità ingannevole! come vendere un tubetto con la scritta "Con questo diventa duro in pochi secondi" e scoprire che si tratta di superattack), 60 minuti circa la durata della partita, al prezzo da ristorante cinese di 28 euro.
Nella scatola ben compressi (un personale ringraziamento a quelli che non vendono scatole piene solo d'aria): tabellone, 4 eserciti (per un totale di 68 miniature), 110 carte, 4 segnalini segnapunti, e regolamento in ita \ eng.
Confesso che Cave Troll non era nei miei piani a breve termine (e neanche in quelli a lungo termine) non fosse altro perchè 1-il fantasy notoriamente mi annoia 2-ho altri 944548 giochi in lista che attendono lo ius primae noctis. Non l'avrei proprio preso in considerazione, se non me ne avesse parlato il solito venditore di latakia di IdeeLudiche, e se Viking non si fosse presentato a casa mia almeno una dozzina di volte, con la scatola sotto braccio e gli occhioni da cerbiatta.
Ma nonostante il gran abbaiare, difficilmente mi sottraggo a un titolo, i miei paletti hanno la resistenza dei bastoncini Findus, e, le volte che capita, sono sempre contento di sbagliarmi nei miei pregiudizi da suocera contro nuora.
Ogni giocatore gestisce una sporca dozzina allargata, composta da 9 avventurieri ignudi e senza abilità, e da: 1 Barbaro, 1 Ladra, 1 Cavaliere, 1 Nano, 1 Orco, 1 Spettro e 1 Troll delle Caverne (ognuno con un'abilità diversa).  Scopo del gioco: piazzare le proprie unità nelle stanze del dungeon, ottenere la maggioranza delle aree più paperonesche, e guadagnare più monete d'oro dei propri avversari.
Le unità (eroi) hanno una buona varietà di abilità, che lavorano sia sulle maggioranze (es. il Barbaro conta come 2 unità) sia sul numero di monete guadagnate (es.il Nano raddoppia l'oro presente in una stanza) sia sull'interazione con le unità avversarie (es.l'Orco elimina un eroe \ lo Spettro spinge fuori un eroe dalla stanza).
Da evidenziare l'utilizzo tattico delle carte Conteggia Bottino, che congelano la partita e permettono di capitalizzare monete secondo le proprie maggioranze in quel determinato momento.
Un gioco semplice, sfizioso e appagante nella sua semplicità come una rosetta col prosciutto, di quelli che puoi giocare chiacchierando dei figli che quest'anno cominciano le elementari o della revisora che è arrivata oggi in ufficio.
A parte le miniature oggettivamente non così dettagliate e un po' troppo simili fra loro (occorre farci l'occhio), non ci trovo grossi difetti e al prezzo di < 30 euro mi sembra un buon affare (anche considerata questa nuova tendenza a prendere un mazzo di carte, riconfezionarlo in una scatola tre volte più grande del necessario, e vederti il tutto a 24 euro).
Bilancio positivo, quindi, per un gioco che sembrava dungeon crawn e invece non lo è, e forse è venuto meglio così.

Su, coraggio, fammi assaggiare
Reduce dal Turin Taste of Beer, evento che mi ha dato modo di pucciare la barba in morbide schiume maltate, e farmi scivolare su tutti i recettori della lingua certi luppoli che a metterli sullo stesso scaffale delle lattine di Peroni fai peccato mortale, mi chiedo per l'ennesima volta perchè si "assaggi" così poco. Si beve molto ma si spilucca se capita.
Le nostre monogamie, alimentari, metropolitane o ludiche, non sono frutto di una nostra scelta: le subiamo, nostro malgrado, perchè è così che funziona. Ma non ci sono naturali.
Prendi un bambino e piazzagli in mano il giocattolo più bello del mondo. Entro 15 minuti lo mollerà per qualcos'altro, fossero anche solo due mollette da bucato della mamma o un pezzetto di filo.
Noi siamo geneticamente portati allo spilucco.
Attendiamo solo che qualcuno venga a strofinarci il naso con una scaglia di pecorino stagionato, o ci faccia ondeggiare davanti un calice di vino dai fianchi mediterranei e voluttuosi.
Ma dall'altra parte l'offerta di spilucco langue e ronfa. Non parlo di giochi nuovi, che non mancano.
Parlo di affondare la barba nella schiuma e respirarne tutti i profumi, del primo sorso per capire se sa di tappo.
A parte le associazioni dei giocatori e qualche supereroe non retribuito che fa puro volontariato ludico, la sensazione è che le molte case editrici se la dormano aspettando quei due unici eventi nazionali (Lucca e Play) per togliere il cellophane alle proprie scatole, riservando agli eventi minori le briciole, quando ci sono almeno le briciole.
Mi chiedo anche perchè quando entro in un centro gioco educativo non trovo UN tavolo con due sedie pieghevoli da campeggio riservato alle demo dei giochi (di solito ne trovo una ventina occupati da ragazzini intenti a tappar terre), e perchè non ci siano periodicamente delle copie demo dei titoli nuovi, invece delle solite quattro copie di family game vecchie di un paio di lustri, come idee regalo per il compleanno del nipotino.
Nove volte su dieci noi scegliamo e compriamo al buio di internet: fidandoci del pezzo "Anteprima" di quel blogger che riteniamo più oggettivo o più vicino ai nostri gusti, magari incrociando con i pareri dei goblin della Tana, approfondendo con un unboxing su youtube o comparando con boardgamegeek perchè boardgamegeek non mente...
Più raramente mettiamo in bocca, palpiamo, annusiamo.
Compriamo sulla fiducia.
E tutto ciò è un controsenso, o un'inutile complicazione delle cose semplici, perchè il modo migliore per vendere una birra (se è una buona birra), non è raccontare quanto è maledettamente buona, ma stapparne una, metterla in mano ai giocatori e dire "Salute!".

martedì 9 settembre 2014

L'ammazzatina in ludoteca

“Chiedo pirdono, commissario, è arrivato il signor Sarno per conferire con lei pirsonalmente”
“Bene, fallo entrare”
“Lo faccio entrare subito pocanzi?”
“E no, offrigli prima un cicarone di caffè. Fallo entrare subito, l’ho mandato a chiamare tre ore fa!”
“Subitissimo commissario”
L’uomo che s’appresentò alla porta, pelle abbruscata dal sole e catenuzza d’oro impiccata al collo, sguazzava in una camicia da dottori firmata due taglie più grandi di lui, e rigata sulle maniche da scivoli di sudore.
“E’ il commissario?”
“Io, sono. S’accomodi”.
L’uomo s’accasciò sulla seggia innanzi la scrivania, spostandola un poco per trovare l’aria frisca del ventilatore al soffitto.

“Minchia che suduri” commentò asciucandosi la fronte su la manica.
Il commissario smazzò il faldone di fogli che teneva impilato davanti, si liccò l'indice e sfogliò fino a trovare quello giusto.
“Dunque vediamo...Antonio Sarno, 47 anni, originario di Massana Marina” lesse
“A disposizione, commissario. A cosa devo la sua gentile convocazione?”
Uscito dal carcere tre giorni fa, dove si trovava per scontare una pena di anni otto per omicidio” continuò a leggere

“Uso impropio di cavatappi”
“Ma bene, Sarno, vedo che il carcere non le ha tolto il buon umore, una settimana d'aria e li è tornato il senso dell'ironia”

“Veramente è lei che non legge priciso, commissario, col massimo rispetto. Mi hanno condannato a otto anni per eccesso di legittima difesa. Secondo il giudice il coltello da cucina che Carmine mi spizzava dinnanzi non costituiva un vero pericolo per la mia vita. Io lo valutai un pericolo, e feci quel che andava fatto”
“Ossia ucciderlo”
“Salvarmi la vita, la vedo io. Punti di vista, e mi scusasse se mi tengo il mio, e che sono ancora qua a contarglielo".

Il telefono babbiò. Il commissario sollevò la cornetta e la precipitò giù con forza.

“Cosa voleva savere, commissario, per cosa mi ha fatto chiamare?”
“Lei è sicuro al corrente della morte di Pasquale Morra, lo scorso venerdì”
“Più che al corrente, commissario, eravamo cugini, io Pasquale. Sono stato proprio ieri a San Nicola, per il suo funerale. Una tragedia inspiegabbile, la moglie era un torrente di moccoli”
“Il Morra testimoniò a suo favore al processo di otto anni fa, disse che si era solo difeso. Ed è morto venerdì scorso, lo stesso giorno esatto che lei è uscito dal carcere. Non lo trova strano che sia morto proprio lo stesso giorno?".
"Strano? Pirchì strano? Il Padreterno non ci bada ai nostri calendari, il Padreterno fa chillo che gli pare a lui"
"Lo sa com'è morto?"
"Ha dato una sucatina alla pistola" fece Antonio "Scusi, la mancanza di rispetto, ma in carcere si dice accussì. Sucatina al revorbero, quanno si sparano in bocca. Dicono fosse depresso"
"Depressione per cosa?"
"Nun saccio, Pasquale era omo riservato"
"In che rapporti eravate?"
"Ottimi, commissario, e' stata una tragedia non poterlo neanche riabbracciare il giorno della mia scarcerazione. Lui s'è sparato la mattina e io sono uscito al pomeriggio"
"Lei sa di che campava Pasquale Morra?"
"Nonsi. Aveva un circolo. Una luddoteca, la chiamava lui per fare il moderno. Le pirsone ci andavano e giocavano a quei giochi da tavolo, Monopoli, Risiko, altre fetenzie... Faceva pacare una tessera ma campava con i bibite e i panini ca' meusa"
"E' stato proprio nella ludoteca che lei e Carmine Lobianco vi siete tirati con la molletta, otto anni fa. Il locale stava chiudendo ed eravate solo voi tre. E Pasquale testimoniò che Carmine aveva perso il controllo e vi aveva puntato contro il coltello. E che lei lo colpì col cavatappi solo per difendersi"
"Nonsi. Ma il giudice mi diede lo stesso eccesso di legittima difesa, futtendosene della testimonianza"
"Ci andava spesso in ludoteca?"
"No, e che me ne facivo? Ci andavo solo per trovare il cugino, e per i panini ca' meusa"
"E come furono i vostri rapporti con Pasquale Morra, dopo l'incidente"
"Ottimi ma tristi. Pasquale si stupiva della condanna, secondo lui ero da assolvere e basta"
Il commissario annuì.
"Le voglio far vedere una cosa" disse poi.
Dal cassetto della scrivania cacciò fuori una busta, l'aprì e vi fece rotolare fuori un cilindretto di legno giallo, granne come una nuccida.
"Mi è arrivata per posta due settimane fa" disse il commissario "Nessun mittente, inviata alla mia cortese attenzione"
"E che sarebbe?"
"Un pezzetto di un gioco da tavolo. Una pedina. Segnalino, lo chiamano, o token, all'ammericana. Aveva quella macchia rossa che vede ancora. Sangue".
"Sangue? E di chi?"
"Di Pasquale Morra. Una settimana prima che si suicidasse"
Pasquale lo taliò manco avesse detto un'ingiuria ai santi.
"Abbiamo controllato la calligrafia sulla busta. E' quella di Pasquale Morra. Lui me la spedì"
"E pirchì ve l'avrebbe mandata?"
Il commissario si susì dalla seggia e fece qualche passo prima di risponnere, come se riavvolgesse un nastro nella sua testa e ne aspettasse la fine.
"Ho ricevuto la busta con la pedina che non sapevo manco che fosse. L'ho scoperto caricando la foto sul internet. Un pezzo di un gioco. L'ho repertato come oggetto anonimo. Ma poi, una settimana dopo, Pasquale Morra si tira con la pistola. E indagando scopro che ha una ludoteca, mi torna in mente la pedina, la faccio analizzare e scopro che il sangue è proprio suo"
"Forse intendeva che siamo tutti pedine" fece spallucce Antonio.
"Il corpo di Pasquale è stato rinvenuto nella ludoteca, seduto per terra e appoggiato colla schiena alla libreria dove stavano tutti i suoi giochi. Allora mi è venuta un'idea strana, di quelle che la nutte ti rosicano il sonno, e sa cos'abbiamo fatto? Ci siamo messi a cercare fra i giochi nella libreria se ce n'era uno che gli mancava la pedina".
"E l'aviti trovato?"
Il commissario annuì lentamente.
"Istanbul, si chiama"

"Trattasi di gioco da 2 a 5 giocatori, che si dipana per i fetidi marcati di Istanbul e certe botteguzze di malaffare. Un'ora tracimata quanto dura. Ci si muove colle pedine Mercanti fra i rioni del marcato, facendo incetta di stoffe, frutti, gioielli, spizie varie, e ci si balocca scommettendo sui dadi. Si perde una pedina ogni passo che ci si muove, e se non ci stanno più pedine, ci si ritorna alla partenza per ripiglialle. Ci stanno molte caselle personaggio e molti luoghi, e ogni luogo combina una cosa diversa: chi travaglia le merci, chi vende robba, chi t'ingrandisce u carettu. Vince il primo che si catafutte per primi i cinque rubini"
"Commissario lei mi sta babbiando con 'ste cumplicanze da sfinge"

"E' un bel gioco, 'sto Istanbul, me lo sono imparato, ci ho fatto tutta una nuttata a giocarci colla mia fidanzata, che una volta tanto non era in aria di frantumarmi i cabasisi"
"Commissario, ma per parlare di fimmine e gioco dell'oca, mi convocò alle 11.00 del mattino?"
"E adesso le faccio ritornare la curiosità, non si preoccupi, Sarno"
Di sotto la scrivania tirò su una borsa di carta voluminosa. Antonio ci taliò dentro.
C'era la scatola del gioco. ISTANBUL si leggeva sul bordo della scatola che faciva capolino.
"Mancava proprio quella pedina, dalla scatola di Istanbul. E sa a cosa corrispunne quella pedina? Al familiare. Proprio così. Familiare"
Antonio trasalì, ma cercò di non scomporsi.
"Prima mi ha detto che lei e Pasquale eravate rimasti in ottimi rapporti dopo la morte di Lobianco e il processo. Ieri mi sono fatto faxare dal penitenziario la lista delle visite, delle persone che la sono venute a trovare in carcere e non c'era una sola firma di Pasquale Morra. Non è mai venuto a trovarla in carcere, negli otto anni che ha passato. Strano, non le pare, per uno che, citando le sue parole si stupiva della condanna, secondo lui era da assolvere e basta"
"Dove vuole arrivare commissario, sta muovendo delle accuse?"
"No, altrimenti avrebbe bisogno di un avvocato. Solo una chiacchierata come pirsona informata dei fatti"
Antonio Morra cavò un altro bottone dall'asola della camicia. Gli pareva di soffocare.
"Ma buttando giù l'inventario di Istanbul abbiamo scoperto che mancava pure un'altra cosa dalla scatola. Una carta. Una delle carte azione del Caravanserraglio"
Dalla scatola sfilò una bustina trasparente. Dentro stava una carta colorata, malconcia, col segno della piegatura in quattro.
"Sa dove l'abbiamo trovata? Nello stomaco di Pasquale Morra durante l'autopsia. L'ha ingoiata prima di spararsi."
"Commissario non capisco dove..."
"Sa qual è l'azione della carta nel gioco Istanbul? Glielo dico io: riporta il tuo familiare alla stazione di polizia".
Antonio deglutì a forza, con la gola secca.
"Pasquale Morra ha mandato a un commissario di polizia la pedina familiare sporca del suo stesso sangue. Ha ingoiato la carta Riporta il tuo familiare alla stazione di polizia prima di ammazzarsi. E si è ammazzato lo stesso giorno che suo cugino, il cugino per il quale aveva testimoniato, è uscito dal carcere. Cugino che non è mai andato a trovare in carcere, in otto anni. Lei ci vede un qualche significato in tutta questa facenna?"
Antonio si susì. Inserrò le labbra come per dire qualcosa ma si trattenne.
Si spolverò le gambe, con gesti nirbusi.
"Non leggo i pensieri dei morti, commissario" disse poi
"Io invece ci leggo che otto anni fa Pasquale Morra mentì per aiutarla e che il rimorso non l'ha abbandonato per tutti questi anni"
"Ha qualche prova, a parte una carta masticata da un cane?"
"Ci travaglierò su, non si preoccupi, riesaminerò tutto l'incartamento dell'omicidio Lobianco"
Antonio gli tese la mano.
"Credo che la prossima volta che mi convocherà, commissario, se vorrà ancora ricamare fantasie su pedine e cartine masticate, verrò col mio avvocato"
"E se non potrà permettersene uno, gliene forniremo uno d'ufficio" sorrise il commissario.

giovedì 4 settembre 2014

Yellow

"Cazzo hai fatto al cellulare?"
"Lascia perdere, va..."
"Noooo tutto il display crepato!!!"
"Ce l'avevo nel taschino e mi sono chinato per annusare un fiore"
"Sempre loro! I fottuti fiori!"
"Dovrebbero vietarli, i fiori, ci fosse una petizione per lastricare tutte le aiuole col cemento la firmerei all'istante"
"E io no?"
Si comincia.

Casa Viking, ore 23.00
Rimettiamo i token del prototipo di Archean nella scatola, annoto un paio di commenti e domande per Jocularis, e passiamo a Libertalia. 
Al tavolo il solito trio Marchesini Solenghi Lopez, con il ritorno dell'agile gazzella di Tikal: CarontissimoMe.
RedBairon si presenta alla serata equipaggiato con un Quantum nuovo di pacca, preso dal Simpatico grazie a un buono fedeltà accumulato in tre anni di sacrifici. Fermamente convinti a cavarci il boccone dal gozzo e provare finalmente il titolo in cui le astronavine sono dadi e nessun dado è un'isola, viriamo all'ultimo secondo su Libertalia di Paolo Mori, preferito sia per maggior freschezza sia per tenere fede alla nuova formula per le nostre serate
"Un gioco nuovo + un gioco vecchio".
Sono l'unico della ciurma ad avere ancora entrambe le mani attaccate ai polsi e gli occhi nelle orbite, l'unico a non aver mai sputato tabacco sul lercio ponte di Libertalia: gli altri tre avanzi di galera già cazzano la randa e vibrano il mezzo marinaio come se avessero acqua salata nelle vene e anemoni nelle mutande.

Gioco di carte da 2 a 6 giocatori, di ambientazione Willy l'Orbo, con una durata che dovrebbe stare fra i 40 minuti e l'ora piena (ora piena che sicuramente noi slabbreremo a piedi uniti, con la nostra flemma podalica) è un titolo di quelli che, a sentir il vichingo e il tritamanuali, o si amano o si odiano.
La fase di setup è relativamente veloce (grazie alla suddivisione preventiva dei mazzi ad opera del vichingo), così come le istruzioni per il Pirata Critico, che viene buttato di peso nella mischia tanto non combinerà una fava.

Viking rovescia sul tavolo la solita secchiata di pistacchi, e stappa una pinta di Coca Cola di rinforzo alla tazzina di caffè di benvenuto.
La componentistica è costituita da 6 mazzi da 30 carte ciascuno, uno per colore e assolutamente simmetrici, da un tabellone centrale sul quale andranno giocate le carte pirati e posizionati i bottini delle sei giornate di saccheggio, un sacchetto per estrarre token bottino\effetto\malus, 6 plance giocatore una per colore e una selva di monete in cartoncino (sostitute dal vichingo con le monete di metallo promo prese agli Asterion Gaming Dayz di giugno).
La partita si articola in 3 manches, suddivise in sei giorni di saccheggio ciascuna. In ogni manche tutti i giocatori hanno a disposizione lo stesso ristretto set di carte, e devono giocare (coperto) un pirata per ogni giorno della settimana.
I pirati giocati hanno un ordine di attivazione e degli effetti (diurni e notturni).
Al termine di ogni giorno i pirati sopravvissuti spartiscono il bottino del giorno (in ordine inverso a quello di attivazione)
Ogni manche si resettano le plance e vengono ridistribuiti nuovi set di carte.

Ansiosi di spolverarci dalle spalle la forfora del rientro in ufficio, e leggermente dopati di caffeina, giochiamo con un entusiasmo paragonabile a quando ci arrivò per Natale il Commodore64.
A contendersi il ruolo di bestia nera al tavolo, il solito RedBairon, forte di una dozzina di partite nelle budella, e Carontissimo, che ha sempre quell'aria placida di chi ti rassicura "Stai tranquillo, dai, sono tuo amico", mentre versa il cloroformio nel fazzoletto.
Nessuno, al solito, scommette sull'esordiente critico, nè sul vikingo, che numeri alla mano si dimostra sempre il migliore nei giochi che non contano.
La prima manche scorre tranquilla, finchè qualcuno solleva il dubbio che non siano state giocate tutte e 4 le Scimmie, e che ce ne sia ancora una, nascosta fra le carte in mano ad uno dei giocatori.
La diffidenza serpeggia velenosa e gli occhi si stringono a fessura: ogni barlume di amicizia finisce nella lettiera del gatto, fra le olive nere.
Alla fine della prima manche sono io in testa, seguito a vista da Viking, da Carontissimo e da un criptico RedBairon che mi lancia cenni di intesa incomprensibili, o forse sono solo bruscolini negli occhi.
Gioco insolitamente bene anche la seconda, a parte un singolo giorno in cui un Bruto avversario mi fotte sia l'attivazione del pirata che il bottino.
Alla seconda conta conduco ancora io, a pari merito però con Viking, che ha capitalizzato di giustezza. RedBairon e Carontissimo, 20 gettoni più indietro, gettano il pane ai gabbiani.
"Andre: forse hai trovato il tuo gioco".
Ultima mano, decisamente critica per tutti non solo per i dadi. Dovrebbe essere il giro delle carte "ancora", delle combo, della garrota sui pirati avversari, ma la pescata dei token bottino è nera come un culo di seppia, e torna l'incubo della Scimmia dispensatrice di disgrazie.
Giochiamo maligni, stizzosi, pelosi nel cuore, per togliere punti agli avversario più che per guadagnarli.
E alla fine, carta e penna, tiriamo le famose somme, ultimo conteggio punti, quello che conta davvero.
Carontissimo chiude quarto con 43 punti, e attira su di sè il sospetto che a Tikal2 avesse dei token nascosti nella manica.
Redbairon terzo a 45 punti, con cavillatura postuma sull'attivazione delle spade.
Io e Viking testa a testa riconteggiamo più volte prima del verdetto.
Io chiudo a 75.
Lui a 76. 
Un solo maledetto di punto, e mi tocca star dietro anche a questo giro, maledizione!
(nota: ho fatto bene a fregargli la saponetta, nel bagno, mezzora prima)
Chiosa della serata: lunga discussione finale sul bilanciamento dei colori dei mazzi, relativamente ai numeretti che risolvono i pareggi, con colpo di scena di Carontissimo che tira fuori un link del forum bgg con un utente che suggerisce "Avoid the Yellow deck" (il colore che ho preso io! Io prendo sempre il giallo!): rovescio il tavolo in un'esplosione di carte, mi scaglio contro Redbairon accusandolo di avermi portato a un tavolo truccato, insulto Viking chiamandolo Quaqquaraqquà e Guappo di Cartone, prometto cause legali contro Paolo Mori e l'Asterion, giuro di abbandonare per sempre il corrotto mondo dei giochi da tavolo e darmi ai videopoker.
Le fiamme vengono estinte a colpi di secchiate di pistacchi.

Quasi le due di notte quando decidiamo di tornare a casa.
Viaggio di ritorno breve, troppo breve.
"Capperi che bella serata" rifletto mentre Torino scorre un lampione dopo l'altro, dietro il parabrezza.
Calcolo mentalmente quante ore di sonno mi restano: poche, ma non vorrei davvero andare a dormire, stasera.
Redbairon, uno zombie al volante, mi chiede se Libertalia mi è piaciuto.
Sì, piaciuto molto, ed ho passato la serata a guardare le monete promo di metallo con molta cupidigia e grandissima invidia, perchè credo che il gioco starebbe proprio bene sul ripiano della mia libreria, sì, proprio proprio bene (più che un giocatore mi ritengo un arredatore di mensole, uno di quelli creativi, innovativi, tipo Andy Warhol does Ikea).
Guardo ancora l'orologio e provo a rallentare il tempo.
"Red ti faccio una proposta oscena"
"Spara!"
"Panino ignorante e birra a un chiosco di quelli con la roulotte. Adesso. Subito"
"Andre... ma io sono a dieta!"
"Ma anch'io sono a dieta, che centra?"
"Hai ragione. Andiamo"

Alle 2.20 mi arriva l'sms di Francy.
TUTTO BENE?
Le rispondo 10 MIN E ARRIVO ungendo la pellicola touch di ketchup e salsa piccante.
Riesco a masticare e a infilare commenti su Libertalia fra un boccone e l'altro.
Panino salsiccia e cipolle io, salsiccia e melanzane Redbairon.
Quelle volte che la serata non vorresti chiuderla più.